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La Torino-Lione, pilastro delle infrastrutture di domani

Lunedì 27 ottobre 2025, l’Ambasciata di Francia in Italia ha ospitato il Lyon Turin Engagement Forum (LTEF). In occasione del decimo anniversario della sua creazione e a margine di questo forum, il promotore pubblico italo-francese TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin) ha invitato professionisti, ricercatori, giornalisti e studenti a partecipare a una conferenza dal titolo “Future Cornerstones: le condizioni essenziali per le infrastrutture del futuro, dalla progettazione alla gestione”.

Il direttore di TELT, Daniel Bursaux, lo ha definito “il cantiere del secolo”. Per l’Ambasciatore Martin Briens si tratta di “un’opera straordinaria”. Sebbene la conferenza sia stata organizzata in un clima di celebrazione, lo sguardo è stato soprattutto rivolto al futuro: quello del cantiere ferroviario sotterraneo “più lungo e profondo del mondo”, che collegherà rapidamente Italia e Francia attraverso le Alpi, ma anche quello della mobilità e delle infrastrutture di domani.

TELT dedica una parte importante dei propri sforzi alla definizione degli obiettivi futuri, che spaziano dal dimezzamento del traffico merci su strada sull’arco alpino occidentale allo sviluppo della rete transeuropea di trasporto (TEN-T), di cui la linea Torino-Lione costituirà un elemento vitale. Non è dunque un caso che le parole “Future Cornerstones” (le future pietre angolari) siano state scelte come tema centrale del LTEF per esprimere la volontà comune di “definire le caratteristiche desiderate della prossima generazione di infrastrutture internazionali”.

L’elegante Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia a Roma, ha accolto esperti, dirigenti d’impresa, collaboratori di TELT e rappresentanti di altri grandi progetti della rete TEN-T (RailBaltica, Canal Seine-Nord Europe, ecc.). L’obiettivo era di immaginare insieme i cantieri del futuro. 

L’Ambasciatore di Francia in Italia, Martin Briens, ha aperto i lavori in italiano soffermandosi sulla tematica ambientale e sulla volontà comune dei due Paesi di sviluppare infrastrutture sostenibili, necessarie alla mobilità di domani, che dovrà essere “rapida, ecologica, efficiente e durevole”. Daniel Bursaux ha ripreso questo concetto sottolineando che fino al 60% dei materiali utilizzati nel cantiere sarà reimpiegato e valorizzato, in una logica di economia circolare.

Il progetto non rappresenta soltanto una sfida ambientale, ma anche un desiderio di avvicinamento tra le due culture. Il tunnel di 57,5 chilometri sotto le Alpi è costruito secondo le stesse regole nei due Paesi, che beneficeranno ciascuno di una stazione internazionale (Susa per l’Italia e Saint-Jean-de-Maurienne per la Francia). 

Venti anni di studi geologici congiunti hanno permesso di progettare sette frese meccaniche, la prima delle quali, “Viviana”, è entrata in funzione il mese scorso. Secondo Daniel Bursaux, le altre sei dovrebbero essere operative nei prossimi due anni, con la più grande che raggiungerà una lunghezza di quasi 300 metri. Il lavoro transalpino procede fianco a fianco, grazie alle 3.517 imprese binazionali selezionate con cura nel pieno rispetto dei protocolli antimafia transnazionali.

Il “paradosso della prossimità” italo-francese, teorizzato dall’ex Ambasciatore di Francia a Roma Christian Masset e richiamato dal professor Marc Lazar – esperto delle relazioni fra i due Paesi – nella sua lectio magistralis, trova in questo progetto uno strumento concreto per rafforzare la comprensione reciproca e la collaborazione.

Il tema della governance condivisa è stato centrale durante la mattinata, in particolare nella tavola rotonda durante la quale Lionel Gros, vicedirettore generale di TELT Francia, ne ha dato la propria definizione. La governance di un progetto di questa portata deve essere “a tre dimensioni: verticale (statale, amministrativa), orizzontale (geografica) e temporale”.

Dalle prime idee si passa alle riunioni di studio, alla progettazione, alla realizzazione e infine alla manutenzione: fasi attraversate insieme da Francia e Italia.

Nonostante le sfide “ambientali, geologiche, sanitarie e politiche” affrontate e ancora da affrontare, secondo le parole di Daniel Bursaux il tunnel di base del Moncenisio apparirà “alle prossime generazioni come utile e indispensabile quanto il tunnel sotto la Manica”.

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